Temperatura colore
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Autore: Franco Lever
La luce del sole è percepita dal nostro occhio come bianca; e quando un corpo la riflette completamente, noi lo vediamo bianco. Nella realtà però un raggio di luce solare non è un fascio di onde elettromagnetiche di una sola lunghezza d’onda: comprende l’intero spettro tra i 400 e i 700 nanometri. Esprimendoci in termini più immediati: la luce del sole non è di un solo colore; è un fascio di raggi di colori diversi, dal rosso al violetto.
Quando utilizziamo altre fonti luminose, con un diverso spettro luminoso, il nostro occhio si adatta molto rapidamente. Ad esempio, quando scende la notte e in casa accendiamo le luci, noi non avvertiamo alcun cambiamento, mentre in realtà le cose hanno assunto dei colori molto diversi da quelli visibili alla luce del sole: se stiamo utilizzando un tubo al neon, tutto è avvolto da una luce giallo-verde; se usiamo una lampadina a filamento, la dominante è colore giallo-arancio. Non avvertiamo questo cambiamento, perché il nostro cervello è in grado di reinterpretare le informazioni provenienti dagli occhi sulla base di un confronto tra i colori disponibili (ricostruisce la scala, dal bianco al nero) e i dati conservati in memoria (tra le informazioni meglio conservate nella nostra memoria ci sono quelle relative al colore del volto e della pelle delle persone: per questo le vediamo sempre uguali, nonostante i molti cambi di luce che avvengono durante una giornata). Ci si accorge immediatamente di questo fenomeno, quando siamo messi in grado di fare un confronto: se in un negozio di stoffe osservo un tessuto illuminato in parte dalle luci dell’ambiente e in parte dal sole che penetra da una finestra, avverto subito che ho davanti a me due colori completamente diversi.
La pellicola fotografica a colori del tipo daylight, studiata cioè per reagire in modo equilibrato alla luce del sole, offre un test chiarissimo: se si fotografano le situazioni indicate sopra, si otterrà una fotografia o con la dominate giallo-verde (quando la fonte della luce è il tubo al neon) o con la dominante giallo-arancio (con la lampada a filamento).
Dal momento che il nostro occhio lavora nel modo indicato, come riconoscere quando il ‘cocktail’ di colori, di cui ogni luce è fatta, corrisponde al ‘bianco’ voluto? Su che base fare i confronti? È a questo punto che interviene il concetto di temperatura-colore e la sua misura in gradi Kelvin.
Si è osservato che un corpo nero (vedremo perché di questo colore), riscaldato alla temperatura di 6500 K emette una luce bianca come quella del sole (alle 10 circa del mattino di un giorno sereno, con qualche nuvola in cielo): contiene cioè lo stesso ‘cocktail’ di colori, ciascuno presente con la stessa proporzione, dal rosso al viola. Quando invece la sua temperatura è di 3400 K, il corpo nero emette una luce simile a quella dei fari utilizzati negli studi televisivi. L’ordinaria lampadina ha una temperatura-colore di 2500 K.
è dunque possibile classificare i vari tipi di luce utilizzati in campo fotografico, televisivo e cinematografico mediante il confronto con la luce emessa da un corpo nero portato a ben definite temperature espresse in gradi Kelvin.
Rimangono delle precisazione da fare. I fisici utilizzano l’espressione corpo nero per indicare che il corpo, di cui ci si serve, deve essere un radiatore di luce perfetto. La luce emessa deve essere soltanto sua, senza alcuna addizione di luci riflesse: è perfettamente nero perché non deve riflettere alcuna luce.
Le luci fluorescenti non rientrano in questa classificazione, perché la loro luce ‘bianca’ non contiene l’intero spettro, dal rosso al viola: alcune frequenze mancano del tutto, altre sono esaltate (ciononostante, i nostri occhi le considerano bianche). La tecnologia ha messo a punto dei tubi rivestiti di materiali fluorescenti speciali, capaci di riprodurre lo spettro quasi in modo perfetto: vengono usati negli studi di grafica e ora anche in televisione.
I produttori non hanno messo a punto pellicole a colori calibrate su tutti i differenti tipi di luce, ma esclusivamente per due tipi: quella tarata sulla luce a 6500 K (daylight) e quella con temperatura-colore di 3400 K (chiamata tungsten). Per varie ragioni questo non è un problema per la fotografia: perché l’occhio dell’osservatore ha una certa tolleranza; perché in fase di stampa si possono correggere eventuali leggere dominanti; perché è sempre possibile intervenire in fase di ripresa, montando sull’obiettivo dei filtri di correzione. Per misurare la qualità e il valore dell’intervento, esiste uno strumento apposito, il termocalorimetro, che misura la temperatura-colore della sorgente luminosa e, in rapporto alla pellicola utilizzata, fornisce le correzioni da introdurre. Non è uno strumento facile da usare.
Ovviamente anche l’operatore televisivo deve fare i conti con tutto questo: non usa pellicola, ma la telecamera obbedisce alle stesse leggi. Prima di iniziare una ripresa deve predisporre la sua macchina per il tipo di luce che verrà utilizzata: fa il bilanciamento del bianco. In concreto inquadra un foglio perfettamente bianco e in piena luce; quindi preme un pulsante per memorizzare la regolazione. È possibile memorizzare più di una condizione di luce, in modo da passare da una situazione a un’altra semplicemente premendo un tasto, invece che attardarsi a rifare il bilanciamento (si pensi al cameraman che insegue i politici, passando dalla piazza all’interno di un palazzo o viceversa...). Non sempre gli operatori se ne ricordano; è per questo che a volte al telegiornale si vedono delle interviste tutte virate in azzurro oppure in colore ambra. Sono errori gravi, non facili da nascondere. Le telecamere più recenti dispongono di un efficiente sistema automatico di bilanciamento del bianco.
Quando utilizziamo altre fonti luminose, con un diverso spettro luminoso, il nostro occhio si adatta molto rapidamente. Ad esempio, quando scende la notte e in casa accendiamo le luci, noi non avvertiamo alcun cambiamento, mentre in realtà le cose hanno assunto dei colori molto diversi da quelli visibili alla luce del sole: se stiamo utilizzando un tubo al neon, tutto è avvolto da una luce giallo-verde; se usiamo una lampadina a filamento, la dominante è colore giallo-arancio. Non avvertiamo questo cambiamento, perché il nostro cervello è in grado di reinterpretare le informazioni provenienti dagli occhi sulla base di un confronto tra i colori disponibili (ricostruisce la scala, dal bianco al nero) e i dati conservati in memoria (tra le informazioni meglio conservate nella nostra memoria ci sono quelle relative al colore del volto e della pelle delle persone: per questo le vediamo sempre uguali, nonostante i molti cambi di luce che avvengono durante una giornata). Ci si accorge immediatamente di questo fenomeno, quando siamo messi in grado di fare un confronto: se in un negozio di stoffe osservo un tessuto illuminato in parte dalle luci dell’ambiente e in parte dal sole che penetra da una finestra, avverto subito che ho davanti a me due colori completamente diversi.
La pellicola fotografica a colori del tipo daylight, studiata cioè per reagire in modo equilibrato alla luce del sole, offre un test chiarissimo: se si fotografano le situazioni indicate sopra, si otterrà una fotografia o con la dominate giallo-verde (quando la fonte della luce è il tubo al neon) o con la dominante giallo-arancio (con la lampada a filamento).
Dal momento che il nostro occhio lavora nel modo indicato, come riconoscere quando il ‘cocktail’ di colori, di cui ogni luce è fatta, corrisponde al ‘bianco’ voluto? Su che base fare i confronti? È a questo punto che interviene il concetto di temperatura-colore e la sua misura in gradi Kelvin.
Si è osservato che un corpo nero (vedremo perché di questo colore), riscaldato alla temperatura di 6500 K emette una luce bianca come quella del sole (alle 10 circa del mattino di un giorno sereno, con qualche nuvola in cielo): contiene cioè lo stesso ‘cocktail’ di colori, ciascuno presente con la stessa proporzione, dal rosso al viola. Quando invece la sua temperatura è di 3400 K, il corpo nero emette una luce simile a quella dei fari utilizzati negli studi televisivi. L’ordinaria lampadina ha una temperatura-colore di 2500 K.
è dunque possibile classificare i vari tipi di luce utilizzati in campo fotografico, televisivo e cinematografico mediante il confronto con la luce emessa da un corpo nero portato a ben definite temperature espresse in gradi Kelvin.
Rimangono delle precisazione da fare. I fisici utilizzano l’espressione corpo nero per indicare che il corpo, di cui ci si serve, deve essere un radiatore di luce perfetto. La luce emessa deve essere soltanto sua, senza alcuna addizione di luci riflesse: è perfettamente nero perché non deve riflettere alcuna luce.
Le luci fluorescenti non rientrano in questa classificazione, perché la loro luce ‘bianca’ non contiene l’intero spettro, dal rosso al viola: alcune frequenze mancano del tutto, altre sono esaltate (ciononostante, i nostri occhi le considerano bianche). La tecnologia ha messo a punto dei tubi rivestiti di materiali fluorescenti speciali, capaci di riprodurre lo spettro quasi in modo perfetto: vengono usati negli studi di grafica e ora anche in televisione.
I produttori non hanno messo a punto pellicole a colori calibrate su tutti i differenti tipi di luce, ma esclusivamente per due tipi: quella tarata sulla luce a 6500 K (daylight) e quella con temperatura-colore di 3400 K (chiamata tungsten). Per varie ragioni questo non è un problema per la fotografia: perché l’occhio dell’osservatore ha una certa tolleranza; perché in fase di stampa si possono correggere eventuali leggere dominanti; perché è sempre possibile intervenire in fase di ripresa, montando sull’obiettivo dei filtri di correzione. Per misurare la qualità e il valore dell’intervento, esiste uno strumento apposito, il termocalorimetro, che misura la temperatura-colore della sorgente luminosa e, in rapporto alla pellicola utilizzata, fornisce le correzioni da introdurre. Non è uno strumento facile da usare.
Ovviamente anche l’operatore televisivo deve fare i conti con tutto questo: non usa pellicola, ma la telecamera obbedisce alle stesse leggi. Prima di iniziare una ripresa deve predisporre la sua macchina per il tipo di luce che verrà utilizzata: fa il bilanciamento del bianco. In concreto inquadra un foglio perfettamente bianco e in piena luce; quindi preme un pulsante per memorizzare la regolazione. È possibile memorizzare più di una condizione di luce, in modo da passare da una situazione a un’altra semplicemente premendo un tasto, invece che attardarsi a rifare il bilanciamento (si pensi al cameraman che insegue i politici, passando dalla piazza all’interno di un palazzo o viceversa...). Non sempre gli operatori se ne ricordano; è per questo che a volte al telegiornale si vedono delle interviste tutte virate in azzurro oppure in colore ambra. Sono errori gravi, non facili da nascondere. Le telecamere più recenti dispongono di un efficiente sistema automatico di bilanciamento del bianco.
F. Lever
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Come citare questa voce
Lever Franco , Temperatura colore, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (24/11/2024).
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